LIBERARSI DALL’ATTACCAMENTO AL RISULTATO – Fare progetti vivendo senza progetto

Qual è il tuo scopo nella vita? Qual è la tua missione? Cosa vuoi fare da grande? Che progetti hai per il futuro? Che cosa vuoi ottenere? Queste domande mi hanno da sempre procurato una certa tensione. E ho capito che mettono in crisi molte persone anche se non lo dicono o non lo ammettono.

Spesso cerchiamo un progetto, un obiettivo nella vita perché abbiamo paura. Pensiamo: tutti hanno un progetto, sanno cosa vogliono dalla vita, hanno degli obiettivi, costruiscono qualcosa, e io? Devo avere un obiettivo, raggiungerlo, è così che vanno le cose, è così che posso essere soddisfatto!”

Se è vero che avere un obiettivo, impegnarsi in un progetto può essere gratificante, dobbiamo comprendere bene cosa c’è sotto.
Mi sono domandato come mai in genere le persone che hanno continuamente obiettivi da realizzare sono in genere tese, contratte, preoccupate, molto attaccate all’immagine che hanno di sé, eccessivamente protese verso il loro scopo. Sembrano coinvolte e piene di impegno, ma spesso in loro c’è qualcosa che non mi convince del tutto, una sorta di fare compulsivo o una tensione diffusa che non le permette di essere totalmente se stesse e di rilassarsi.
Ho conosciuto invece persone che, nonostante siano comunque coinvolte in diverse attività, non hanno scopi specifici da realizzare, ed emanano pace, soddisfazione, contentezza. Perché? Pur realizzando cose, non sono focalizzate sul risultato; pur facendo progetti, vivono senza progetto.

Ripetiamo a noi stessi e agli altri che dobbiamo concentrarci su uno scopo ed arrivare dritti ai nostri obiettivi, ma essere attaccati ossessivamente al risultato o essere totalmente assorbiti da uno scopo è spesso frustrante. Non è un atteggiamento vincente poiché sacrifichiamo la vita e noi stessi per una idea di futuro che probabilmente non avverrà nelle modalità che abbiamo pensato.

In genere agiamo per uno scopo. Ci prefiggiamo un obiettivo e orientiamo le nostre azioni per raggiungere quell’obiettivo per come ce lo siamo costruiti nella mente. Tutto ciò che è sacrosanto, ma quando l’obiettivo assorbe tutto, quando il risultato diventa più importante di tutto il resto, ci confiniamo nella nostra proiezione mentale e ci escludiamo automaticamente dalla Vita, che è molto di più di “uno scopo”.

Molti psicologi, terapeuti, coach, counselor, motivatori, allenatori (ma anche genitori, amici, consiglieri vari) pongono l’accento sul progetto, sullo scopo, sul risultato, su dove si vuole arrivare. Da un certo punto di vista questo è basilare: occorre fare chiarezza sulla presunta meta del percorso, tracciare una rotta mentale, darsi degli obiettivi raggiungibili.

Se si guarda però, ad esempio, la saggezza di grandi testi sacri, se si leggono importanti maestri spirituali, la questione sembra apparentemente ribaltarsi. Il fulcro delle azioni che facciamo, dicono i saggi di ogni tempo, non è nello scopo, ma nel momento presente, perché ogni fine è nel futuro, e il futuro non esiste. Insomma, se pensi solo al tuo progetto, sarai nervoso, insoddisfatto e ti perderai il viaggio nel momento presente, che è la parte più importante di qualsiasi azione intrapresa.

Eric Baret, maestro di yoga non-duale del Kashmir, ad esempio, parla esattamente del “Vivere senza progetto”:

Se c’è una forma di agitazione, è perché c’è un progetto nella vita, perché c’è sempre una forma di attesa. Solo l’attesa può agitare. Non si può essere agitati nell’istante. Si è sempre agitati in funzione di un futuro. Rendersi conto di questo: sono agitato perché ho un progetto per il futuro, perché penso che sarebbe meglio che la tal cosa non accadesse, che la tal altra invece sì.
Sentirsi senza progetto, ecco quel che si chiama meditazione.

Riflessi del tantrismo kashmiro

 

 

 

Gli fa eco Eckart Tolle che pone l’accento sul momento presente:

Mettere via i piatti, progettare una strategia d’affari, pianificare un viaggio; cosa è più importante: il fare oppure il risultato che volete ottenere con quel fare? Questo momento o qualche altro futuro momento? Trattate questo momento come se fosse un ostacolo da superare? Sentite che avete un momento futuro più importante da raggiungere? Quasi tutti vivono così per la maggior parte del tempo. E siccome il futuro non arriva mai, salvo che come presente, questa è una maniera di vivere disfunzionale. Genera una corrente sotterranea e costante di disagio, di tensione e di scontentezza. Non onora la vita, che è Adesso e mai non Adesso.“
“Quando presti più attenzione a quello che fai che al risultato futuro che vuoi raggiungere con esso, rompi il vecchio condizionamento dell’ego. Quindi sei non solo più efficace, ma infinitamente più felice e soddisfatto.”

Ne “Lo Zen e il tiro con l’arco” il filosofo Herringel, addestrato in Giappone da un maestro zen, riuscirà a colpire il bersaglio solo quando smetterà di essere focalizzato sul bersaglio.

Nella BagavadGita, il grande poema sacro indiano, Krishna dice al guerriero Arjuna:
“Tu hai diritto soltanto allazione, e mai ai frutti che derivano dalle azioni. Non considerarti il produttore dei frutti delle tue azioni, e non permettere a te stesso d’essere attaccato all’inattività.”

Don Juan dice a Castaneda:
Un guerriero, poiché nulla è più importante di tutto il resto, decide le sue azioni, e le compie come se per lui avessero importanza. Per questo, dopo aver agito, si ritira in pace, e che le sue azioni siano buone o cattive, più o meno efficaci, non è cosa che lo riguardi.

Nel Vangelo Gesù sottolinea come l’opera deve essere fatta per se stessa, senza nessun desiderio di avere una ricompensa.

“Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. 
Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. 

La focalizzazione è nell’azione stessa, senza l’aspettativa di nessuna ricompensa, perché già l’azione stessa è la ricompensa.

Noi non sapremo mai esattamente il frutto delle nostre azioni. Proprio per questo è necessario continuare a fare azioni che sentiamo di fare, senza aspettarci niente in cambio. L’amore, che io sappia, agisce così.

Ho dedicato un intero capitolo (“Azione Sacra”) del mio libro Manuale del Partigiano Zen a questo concetto, che più che un concetto, è una ri-velazione, un atteggiamento e un modo di vivere.

“Se è vero che ogni azione prevede, in genere, un obiettivo, è anche vero che quello che danneggia l’azione è proprio l’attaccamento allo scopo dell’azione stessa.
Tutte le volte che hai fatto qualcosa con un eccessivo attaccamento allo scopo, la qualità dell’azione è stata inferiore.
Anche il risultato finale ne risente, come quando sei troppo attaccato alla prestazione finale di un esame, al far andare le cose esattamente come vuoi tu, o quando sei ossessionato da un obiettivo e dimentichi tutto il resto.

Avere uno scopo è naturale, ma un sano obiettivo momentaneo è diverso dall’agire con l’attaccamento al risultato.
Il problema è che non hai pazienza, ti aspetti di vedere immediatamente la conseguenza di un’azione, e vorresti il frutto subito dopo aver gettato il seme.
Non c’è riscontro istantaneo, non c’è una verifica logica e quantificabile del risultato di ciò che fai, per fortuna.
Potresti non vedere subito i frutti delle tue azioni, potresti non riconoscere le conseguenze di ciò che fai immediatamente.
Chi fa l’insegnante, l’educatore, chi lavora con le persone, chi cura gli altri, chi coltiva la terra, sa che i frutti del lavoro che ha fatto non sono visibili da subito. Saranno forse visibili fra mesi, anni, o forse mai.

Ma non c’è bisogno di essere un insegnante, un contadino, un terapeuta o un genitore: ogni essere umano ogni giorno fa gesti e azioni il cui frutto è misterioso.
L’intenzione deve essere positiva (ed è positiva se sei allineato con te stesso): devi immergerti totalmente nell’azione, ma l’attaccamento al risultato va lasciato andare.

Lascia andare l’attaccamento al risultato.

Una volta che hai agito, hai fatto il possibile, devi essere pronto a lasciare il frutto dell’azione. Da questa prospettiva le azioni dell’uomo nella storia, le tue azioni, cambiano di significato. Non sono più misurate in base al successo o al fallimento, non si basano solo sui risultati oggettivi, ma hanno un significato denso di mistero e di poesia che va oltre la realtà materiale.”

Oltre al MANUALE DEL PARTIGIANO ZEN,  il libro da cui è tratto l’ultima parte di questo post, qui sotto trovi alcuni “strumenti di liberazione” che possono ispirare e chiarificare cosa significa veramente “liberarsi dall’attaccamento al risultato” e “vivere senza progetto”.

Portare la Quiete nella Vita Quotidiana
Gli insegnamenti di un maestro straordinario

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L'Unico Desiderio
Nella nudità dei tantra

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La Bhagavad Gita
Gli insegnamenti eterni di Krishna spiegati agli occidentali

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Gli Insegnamenti di Don Juan

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Lo Zen e il Tiro con l'Arco

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