LA LIBERTÀ NON È PER TUTTI

Mio nonno è stato imprigionato dal 1936 al 1939 alle isole Tremiti, una delle isole dove il regime fascista deportava gli oppositori politici.
Mi raccontava che un giorno proposero a tutti gli antifascisti rinchiusi nell’isola di dimezzare la loro pena di detenzione a patto che questi facessero il saluto romano, simbolo del fascismo.
Nessuno alzò il braccio.
Infuriato, il direttore del carcere minacciò di raddoppiare gli anni che dovevano scontare.
Nessuno alzò il braccio.
Chi era stato condannato per due anni se ne faceva quattro, chi per cinque anni se ne faceva dieci. E per molti fu davvero così.

C’è una differenza abissale tra la dignità e il coraggio di queste persone, e buona parte degli uomini medi delle società occidentali, che si prostituiscono per le briciole che il potere di turno ha deciso di elargire.

A differenza di settant’anni fa, oggi nessuno ti sbatte in prigione per le tue idee, nessuno ti tortura fisicamente, nessuno ti lega a una sedia e ti somministra dell’olio di ricino se non ubbidisci al sistema.
Certo, anche nel nostro mondo la libertà individuale è spesso minacciata, ma non ci troviamo di fronte a schiavi tenuti a bada con la frusta, a servi della gleba minacciati di morte dai feudatari, a prigionieri di guerra costretti a lavorare fino allo sfinimento. Nessuno ti pianta una pistola in faccia e ti costringe a costo della vita ad ubbidire alle sue regole. Eppure la libertà viene ogni giorno progressivamente minata.

Non resta che concludere che la modernità ha creato individui, che in qualche modo, scelgono di essere schiavi.

La schiavitù moderna è una schiavitù in larga misura volontaria, non più tenuta in piedi solo dalla forza delle armi o da una violenta dominazione sociale, ma basata sulla paura, l’ignoranza e la falsificazione della verità.
Come diceva Tiziano Terzani:

Libertà. Non ce n’è più. Io continuo a ripetere: non siamo mai stati così poco liberi, pur nella apparente enorme libertà di comprare, di scopare, di scegliere fra i vari dentifrici, fra le quarantamila automobili, fra i telefonini che fanno anche la fotografia. Non c’è più libertà di essere chi sei.

Sono tante le componenti che portano alla limitazione della libertà, ma se vuoi andare alla sorgente non c’è che da guardarsi allo specchio.
So che ti faccio arrabbiare se te lo dico, ma in qualche modo tu hai contribuito alla creazione delle tue catene.

Non fare la vittima.
Non c’è nessuna congiura internazionale che ti obbliga a fare la vita che fai e che ti impedisce di fare quelle scelte (e tu sai bene quali) che vanno nella direzione della libertà e della verità.
Il mondo ingiusto, gli altri, le regole della società, il potere dei consumi, la burocrazia, il sistema, la crisi, la sfortuna, sono sicuramente dei fattori che possono influire sulle tue scelte e incastrarti in tanti modi.
Ma non sono decisive.
Senza il tuo appoggio, senza la tua energia, senza le tue lamentele, perdono tutto il loro potere.

Tu puoi scegliere.
Tu puoi scegliere se portare tuo figlio al centro commerciale o in collina  a vedere le stelle.
Puoi scegliere cosa comprare, se dare il tuo denaro a una multinazionale criminale o a una persona onesta che prova amore per il suo lavoro.
Tu puoi scegliere se accettare quel piccolo ricatto, puoi scegliere di voltare la testa dall’altra parte o di guardare negli occhi.
Puoi scegliere di chiamare quella persona.
Puoi scegliere di fermarti e di mettere su un po’ di musica e ballare come un pazzo felice.
Puoi scegliere se mangiare la merda che ti consiglia la pubblicità o fare una torta con le tue mani.
Puoi scegliere se piangere perché il sole é tramontato, o asciugarti le lacrime per vedere meglio le stelle.
Puoi scegliere se imprecare per il latte versato o farti una tazza di tè.
Puoi dire di no. Puoi dire di sì.
Puoi provare sul serio ad apprezzare quello che hai e amare chi sei.
Puoi scegliere di vivere.
Puoi scegliere, in molti modi, la tua libertà.

La libertà ha a che fare con una scelta.
Ma è una scelta che fa paura.
La libertà fa paura.
Non è senza conseguenze. Ti chiede qualcosa in cambio.
Non è facile farle spazio e viverla.
Ti chiede una trasformazione, ti impone di uscire dal guscio. Ti butta in faccia la realtà, ti chiede verità e la totale responsabilità di essere te stesso.

Il rischio vero è quello di essere vivo.

Non ci sei piú abituato.
Ecco perché preferisci una qualche forma di schiavitù, di dittatura, di prigione.
Quando sei all’interno dell’ingranaggio, nella tua gabbia dorata, puoi evitare di scegliere perché le cose sembrano andare da sole.
Tutto è impacchettato: non hai scelto tu il luogo del lavoro, il supermercato, l’educazione per i tuoi figli… devi correre e lavorare e non hai tempo di farti molte domande. Certo, è il sistema, tu cosa c’entri…

In realtà la tua prigione ti fa un po’ comodo, perché ti mette al riparo da domande spaventose, eventuali decisioni sbagliate, verità che fanno male.

La vita dell’essere umano libero è piena di responsabilità: come guadagnare il denaro e come spenderlo, come e dove vivere, chi frequentare, dove andare, come impiegare il tempo…
Chi tenta di essere libero è individualmente e socialmente più esposto, e non è protetto da nessun alibi collettivo.
Se fa sul serio, all’inizio, gli altri tenderanno a giudicarlo e accusarlo perché la sua ricerca della libertà minaccia e destabilizza le loro credenze consolidate e il loro senso di identità.
Ecco perché le persone non vogliono questa responsabilità, e, nonostante dicano il contrario, desiderano essere comandate e imprigionate.
I fascismi, i nazismi e le dittature sono permesse e sostenute da quella numerosa zona grigia che ha delegato qualcuno per essere de-responsabilizzato, poiché ha inconsciamente paura della propria libertà.

La libertà non è per tutti.

Sembra un’affermazione decisamente antidemocratica e ben poco rivoluzionaria.
In effetti non è per tutti perchè non tutti la vogliono, ma è a disposizione di ognuno.
Tu la vuoi davvero?

La libertà è scomoda, difficile, a volte spaventosa.
Eppure sei venuto su questo pianeta con questo dono prezioso, con questa possibilità meravigliosa.

Negarla è mancare te stesso.

 

MANUALE DEL PARTIGIANO ZEN

     

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