Qualche settimana fa ho scritto questo pezzo.
Sono parole che nascono da diverse parti di me, che rispecchiano diversi personaggi che cercano unità. C’è poi la situazione attuale, c’è la rabbia, c’è un mio percorso, c’è il mio Joker, il mio Saggio, le mie macerie, la luce, l’ombra. C’è una pro-vocazione giocata sul Voi (ma voi chi?), la separazione e la ricerca di unione.
Ci sono diversi livelli di lettura, che non voglio svelare del tutto, se no che gusto c’è.
Poi ho deciso di leggerla, narrarla davanti a una camera, di farne un video e l’ho condivisio su facebook.
Dalle reazioni ho capito che ognuno ci ha visto quello che ha voluto vedere, e ad ognuno gli è arrivato qualcosa di diverso, anche cose per me impensabili.
Mi devo rassegnare a questa verità: anche da una creazione personale a ognuno arriva quello che deve arrivare. Ma forse va bene così, proprio perchè i livelli di lettura di ciò che ho scritto sono molti, ognuno lo sentirà in modo diverso. Pace.
Quindi vi consegno qui il video (versione ridotta) e lo scritto completo. Vi arriverà ciò che deve arrivare.
“Qualche anno fa vi avrei detto altre cose, con un linguaggio diverso.
Vi avrei scritto, per farla breve, che siete sempre i soliti coglioni.
Che siete gli stessi servi obbedienti, manipolabili, meschini, prevedibili, mediocri.
Vi avrei scritto che siete chiusi nei vostri tristi salotti ad aspettare che la Tv vi dica come dovete comportarvi, come avete sempre fatto.
Che il carcere in cui vi trovate è il giusto luogo per i prigionieri come voi, che hanno scelto da tempo di svendere la propria autorità a falsi esperti che vi trasformano in statistiche, al nuovo fondamentalismo scientista e agli aguzzini del marketing che giocano a piacimento con le vostre emozioni inconsapevoli.
Che siete tutti lì a cagarvi sotto per un virus, ma il virus ce l’avevate anche prima.
Che prima crepavate anche peggio di ora, di tumori, di depressione, di stress, ma visto che nessuno ve lo presentava come una pericolosa emergenza, non ci credevate davvero.
Vi avrei scritto che facevate una vita di merda, ma avevate paura che ve la portassero via.
Ed ora è giusto che ve l’abbiano portata via.
E avrei goduto. Come un Joker qualsiasi.
Avrei goduto della vostra paura, delle vostre lamentele, della vostra preoccupazione per il futuro, avrei goduto nel vedervi frignare come bambini davanti al nuovo orco cattivo.
Dopo che avete urlato per un decennio a qualche povero disgraziato di tornare a casa propria, come state adesso a casa vostra, stronzi? avrei scritto.
Vi avrei chiesto dove eravate prima, quando tutto andava alla malora, quando consegnavate ogni giorno la libertà e il tempo a un ingranaggio perverso.
Vi avrei domandato dove eravate quando la vita vi chiamava a cambiare, a prendere cura, a rispettare, ad ascoltare, a stare, a fermarvi.
Dove eravate quando vedevate l’ingiustizia e voltavate la sguardo altrove, quando sgomitavate e vi pestavate gli uni contro gli altri per due briciole insipide, quando volevate solo essere lasciati alla vostra finta pace di superficie, al vostro divano. E stateci ora senza lamentarvi, ipocriti di merda, sul vostro cazzo di divano, vi avrei apostrofato.
Mentre vi guardo in fila col carrello arrabbiati e stravolti dietro quelle mascherine, mentre osservo i vostri occhi terrorizzati dalla parola morte che i vostri telegiornali ripetono ad oltranza, mentre sento che siete pronti a uccidere chiunque esca dai ranghi dei nuovi comandamenti che avete già interiorizzato, vi avrei detto che no, non mi sembrate più brutti di prima.
Eravate brutti anche prima, solo che adesso è uscita la cacca sotto il tappeto. Ma la puzza è sempre la stessa, la vostra, vi avrei scritto.
Alcuni mi avrebbero apprezzato per queste mie parole. Molti di voi mi avrebbero odiato, molti mi avrebbero offeso, molti mi avrebbero urlato: ma come ti permetti, chi cazzo sei, ma non pensi ai morti, alla gente che soffre, che non ce la fa, a quelli più sfortunati, eccetera eccetera eccetera.
Soffro anch’io, soffrivo anche prima, che ne sapete di me, io scrivo la mia verità… quindi non rompetemi i coglioni, vi avrei risposto.
Ma ora non potrei più dirvi queste cose.
E non perché queste cose siano false, abbia timore del vostro giudizio, o abbia paura di essere accusato di essere un mostro insensibile.
Non posso più scriverle perché è avvenuto qualcosa.
Sta accadendo uno squarcio imprevisto dentro di me.
L’antico senso di separazione che ho provato nei vostri confronti si sta attenuando.
Il vecchio senso di disgusto sta sfociando in uno spazio inspiegabile e inatteso.
Non che improvvisamente mi sia illuminato e mi senta innamorato di questa incredibile umanità mezza sfasciata.
Ho semplicemente compreso chi era la prima persona che impediva questo incontro reale tra di noi, che alimentava questo atavico senso di separazione.
Ero io.
Sono stato io che ho cercato di impedirmi di avvicinarmi a voi.
Credetemi.. l’ho fatto per delle ottime ragioni.
L’ho fatto perché dovevo difendermi dal vostro contagio.
Non volevo che la vostra peste emozionale mi invadesse. Non volevo che i vostri giudizi, le vostre credenze, i vostri modi di vivere diventassero anche i miei.
Non volevo diventare adulto secondo la vostra seriosa e pesante idea di essere adulti.
Volevo diventare grande misurandomi con un altro tipo di Grandezza, non quella iniettata dalle idee distorte delle vostre famiglie, delle vostre istituzioni, dei vostri esperti pubblicitari a cui vi prostrate.
Non volevo rassegnarmi a fare una vita imposta e fasulla, in cui essere costretto a fare cose che odiavo, in cui cercare di impressionare e farmi amare dai persone che mi usavano, come quasi tutti voi avete fatto e state facendo.
Ed è stata una guerra impari, dura, difficile, praticamente impossibile, perché ero convinto di avere solo due alternative.
O lasciarmi contagiare e diventare malato come voi, per poter vivere assieme a voi.
Oppure restare sano, ma, per proteggermi dalla vostra distruttività, restare confinato nei miei paradisi solitari, difendere la mia autenticità rimanendo in una quarantena perenne.
Non avrei mai ceduto alla prima: non sarei riuscito a consegnare quel che restava della mia vita alla spenta mediocrità delle vostre false certezze.
Non restava che dichiararmi diverso, migliore di voi, più vero e più puro, e accettare l’idea che non c’era posto per me.
Non c’era posto per la mia anima nelle vostre case, nei vostri luoghi, nel vostro cuore prosciugato, mi dicevo.
Ma se non c’era posto per me avrei difeso con tutte le mie forze il mio essere senza posto.
Sarei diventato un solitario, forse un emarginato, un pazzo, ma non mi sarei mai snaturato, non avrei mai ucciso quel piccolo lume che ancora portavo nel petto.
Però stavo morendo.
La sofferenza mi stava consumando.
Qualcosa in me era esausto di questa lotta.
Ero stanco di questo confinare, di questi recinti, di sentirmi meglio o peggio di voi, di dover attaccare, di dovermi difendere.
Non ne siete stanchi anche voi?
La sensazione di mancanza della mia vera casa era diventata insopportabile.
Poi, mentre mi stavo rassegnando a chiudere definitivamente con questo mondo, due corone scossero le idee fisse su di me e su di voi.
Sì, per me furono due.
Una corona è quella che conoscete: il virus che ha infettato, che sta capovolgendo il mondo, che obbliga e chiude in casa.
L’altra corona è quello che mi è stata tolta senza che io sapessi di averla.
Era la finta corona che mi confinava nel mio regno privato, solitario e stanco.
Una corona fatta anche di risentimenti,di rimpianti, della sensazione di fallimento, di sensi di colpa, di odio nei vostri confronti.
Un colpo di stato silenzioso ha tolto il potere che mi inchiodava su un trono instabile gettandomi nella vera fragilità della condizione umana, della quale siamo tutti partecipi e protagonisti indiscussi.
Allora vi ho visto. Ho visto la storia della vostre vite, come la mia.
Vi ho visti bambini, con i vostri genitori, mentre crescevate, le idee che vi hanno messo in testa, come le avete agite nel mondo. Ho visto le vostre ferite sanguinanti, il cuore scosso, il dolore, la corazza che avete messo. Ho sentito la vostra paura. Ho percepito che anche le cose più mostruose che avete fatto, le avete fatte perché volevate essere amati, volevate amare.
Avete confuso l’amore con un sacco di altre cose, l’avete storpiato lasciandovi invadere dal terrore di essere annientati.
Ma volevate tutti solo una cosa, volevamo tutti la stessa cosa.
E questa cosa non sapevamo che era sempre accessibile, gratuita e infinitamente espandibile.
Ho visto tutto questo quando mi è stata tolta la corona, e sul momento ho vacillato. Ho perso ogni punto di riferimento.
Non c’ero più io e non c’eravate voi, e questo all’inizio lo trovavo insopportabile.
Una parte di me voleva continuare a separarsi, a mettere una differenza tra me e voi, voleva continuare a dire a me che ero inutile e a voi che eravate una massa di coglioni.
Ma ormai vi avevo visti, ci avevo visti, e questo non era più possibile.
Senza che l’avessi cercata, una nuova e antica sensazione di espansione stava contemporaneamente scendendo e salendo nel mio essere.
Sentivo il mio dolore, il vostro e quello di tutto il mondo, e stranamente questo dolore arrivava e fluiva senza attaccarsi al mio corpo e al mio cuore.
Scendevano anche lacrime, ma erano come gocce di una cascata che puliva senza lasciare traccia.
Vedevo la pena che io stesso mi ero inflitto, il decreto che mi ero autoprescritto, la convinzione che non ci fosse posto per me, e come avevo fatto sì che questo decreto si realizzasse.
Ho visto anche i vostri decreti, tutte le credenze che avete sulla vita e come siete bravi a riuscire nel vostro intento, nel narrare a voi stessi quello che già credete sia vero, proprio come avevo fatto io.
Ora che ho abdicato, vedo quanto sia semplice essere con voi, anche senza vicinanza fisica.
Posso persino amarvi senza per questo giustificare le vostre meschinità, pur continuando a vedere quanto siete orribili.
Riesco a vedere la falsità delle nostre maschere personali e contemporaneamente sentire che la dimora dove anche la personalità si crea è splendente.
Riconosco che ciò che sta accadendo, come un acceleratore di particelle, porta a ciascuno difficoltà e rivelazioni a seconda del luogo e dello stato di coscienza in cui si trova.
Comprendo che ognuno sta cercando di fare del suo meglio partendo dalla consapevolezza in cui è immerso.
La corona mi ha tolto il trono, mi ha tolto il potere, ha tolto le mie idee e la mia ristretta narrazione del mondo.
Non so davvero nulla, e questo nulla mi da la possibilità di parlarvi a partire dal mio sentire più intimo.
Ora che ho rinunciato persino al mio regno solitario è arrivata soffice la chiarezza che nell’accoglienza della mia e della vostra vulnerabilità c’è la nostra più solida sicurezza.
Una sensazione di per-dono senza nessuna costrizione a dover perdonare qualcuno, si è mossa da me e in me.
E se continuerò a dirvi che siete i soliti coglioni di sempre, che siete manipolabili e manipolati, che vi inchinate a falsi idoli e date autorità ai vostri sfruttatori, lo farò da questo spazio. Quello che include anche i vostri sfruttatori, i carnefici e le vittime, i buoni e i cattivi, voi e me.
Sia chiaro, non farò di tutte le erbe un fascio, non metterò sullo stesso piano le forme della dualità del mondo, puntualizzerò le differenze, non giustificherò le mie e le vostre porcherie.
Dallo spazio vibrante del non-sapere mi affiderò alla sacra libertà per pronunciare parole di fuoco affinché crolli ciò che deve crollare.
Guardate con sospetto chiunque dica con sicurezza di come stanno le cose, diffidate di chi non lascia spazio ad altre narrazioni del reale.
Tornate al profetico dubbio, riponete le vostre certezze nel ritmo del vostro respiro.
Non farò finta che vada tutto bene, non vi dirò che andrà tutto bene. Condividerò quello spazio che è già tutto bene, a prescindere da ogni idea di bene.
In quel luogo imparerò a regnare, da quel luogo cercherò di muovermi, a quel luogo ritornerò.
Nè voi né io siamo davvero cattivi: siamo figli dell’Intelligenza dell’Universo che ci toglierà ogni corona per poter cadere in quello Spazio.
Quindi non fate i furbi.
Deponete la vostra vecchia corona perché quella più vera, che vuole portarvi in un altro Regno, quello che vi sta aspettando da sempre.
Tutto il mio sincero amore, coglioni.”
Monologo pronunciato da Joker scoronato
Scritto e narrato da Giordano Ruini
NON VOGLIO TORNARE ALLA NORMALITA’, VOGLIO RITORNARE ALLA VITA
Dichiarazioni poetiche dallo spazio vibrante del non sapere