SE VUOI ESSERE VIVO, SCRIVI IL DISCORSO PER IL TUO FUNERALE

Mentre pensavo seriamente a che discorso scrivere per il mio funerale, per la settimana 45 di Out of the Box (se non sai cos’è il gioco OUT OF THE BOX clicca qui) mi sono imbattuto in un brano di un libro di Carlos Castaneda:

Ogni volta che senti, come sempre fai, che tutto ti sta andando male e che stai al punto di essere annichilato, girati verso la tua morte e domandale se è vero; lei ti dirà che ti sbagli; che niente è più importante se non il suo tocco. La tua morte ti dirà: ancora non ti ho toccato. Il guerriero pensa alla sua morte quando le cose perdono chiarità. Il guerriero considera la morte la consigliera più trattabile, che può venire anche ad essere testimone di tutto quanto si faccia. L’idea della morte è l’unica che tempra il nostro spirito […]. Questo non vuol dire che devi preoccuparti per la tua morte; si tratta di usarla. Poni attenzione sul laccio che ti unisce alla tua morte, senza rimordimenti, tristezza o preoccupazione. Poni la tua attenzione sul fatto che non hai tempo e lascia che i tuoi atti fluiscano in accordo a questo; che ciascuno dei tuoi atti sia la tua ultima battaglia sopra la Terra. Solo sotto tali condizioni i tuoi atti avranno il potere che gli corrisponde[…]. C’è una strana felicità ardente nell’attuare con il pieno convincimento che quello che si sta facendo può benissimo essere l’ultimo atto sopra la terra.

Le trovo parole potenti e ispiratrici. Tante volte mi sono chiesto, anche giocando ad “Out of the box”: “ma che cavolo sto facendo?” Eppure con questa consapevolezza, con questo “pieno convincimento che quello che si sta facendo può benissimo essere l’ultimo atto sopra la terra”, tutto cambia: regalare un fiore alla fermata dell’autobus, scrivere una lettera firmata Dio o andare in giro con un naso rosso diventano all’improvviso azioni sacre.

Sono contento di avere speso parte del mio tempo a fare queste azioni di bellezza apparentemente prive di senso. Credo sia utile pensare che quello che stiamo facendo, e soprattutto come lo stiamo facendo, possa essere il nostro ultimo atto su questa terra. In tal caso continueremmo ad agire così? L’esistenza è così breve che forse ogni nostro atto è l’ultimo atto sulla terra.

Ad ogni modo al mio funerale vorrei davvero che qualcuno legga questa mia seguente orazione funebre.

A te che ascolti,
se sentirai queste parole significa che sarò schiattato. Deceduto, trapassato, defunto, andato all’altro mondo, estinto, scomparso, spirato. Insomma sono morto.

Dato che se c’è una cosa che non sopporto dei funerali è che tutta la funzione nel suo complesso, compresa la bara, i soldi, il corteo funebre, la lapide, le eventuali preghiere, le omelie, le condoglianze, i pianti, le parole che si dicono, i ricordini, insomma tutto viene fatto senza che sia presente il vero protagonista, visto che stavolta sono proprio io che sono morto e non qualcun altro, voglio almeno che sia letto pubblicamente il mio discorso funebre.

Innanzitutto, per favore e con tutto il rispetto, non rompetemi le scatole con le solite forme di ipocrisia. Se qualcuno dei presenti mi ha davvero conosciuto in vita sa bene che mi ha sempre dato molto fastidio la falsità ruffiana e l’ipocrisia borghese. Quindi risparmiatevi le solite parole di circostanza, gli sguardi tristi di dovere, i luoghi comuni sulla morte. Per favore non appiccicatemi nessuna etichetta, della serie: “è sempre stato una brava persona”, oppure “ha sempre fatto del bene” o cose di questo genere. Da vivo non mi piaceva appiccicare agli altri e a me stesso etichette fisse, gioco che molti di voi sanno giocare così bene. La personalità umana è così mutevole, complessa e instabile, che solo le persone meschine desiderano appiccicare giudizi di merito e aggettivi statici agli esseri umani. E spero che non ci siano molte persone meschine presenti in questo momento al mio funerale.

Il mio funerale è un’occasione preziosa, unica e irripetibile. Ma non per me. Per voi. Io ormai sono partito. Anche se una cosa per me potete ancora farla. Quelli di voi che se la sentono, che veramente provano amore per me, possono pensarmi in modo amorevole e inviarmi sinceri sentimenti d’amore. Secondo il Libro tibetano dei Morti l’anima vaga dopo la morte per un certo periodo di tempo e i pensieri autentici e amorevoli dei viventi aiutano lo spirito del defunto a trovare il giusto cammino per il viaggio. Non so se questa cosa sia vera oppure no. Conservo una mente scettica, che mi fa prendere in considerazioni diverse opzioni possibili sul dopo morte senza per forza scartarle, ma che non mi fa avere alcuna convinzione o credenza su cosa ci sia dopo la morte. Preferisco questo prezioso ed estatico spazio di non sapere, che è pieno d’Amore. Ad ogni modo, se volete farmi un favore lasciate andare le vostre emozioni nei miei confronti, liberatele. Ho il sospetto che farà bene sia a me che a voi.

Dicevo, questo funerale è un’occasione più per voi che per me. Qualcuno ha detto: la domanda non è tanto se esista la vita dopo la morte, ma se si è vivi prima di morire. Non so se sono riuscito a essere vivo prima di morire. Ci ho provato. E ricordo che i momenti più belli non sono misurati tanto dalla piacevolezza o dal dolore delle mie esperienze terrene, ma tutte le volte in cui mi sono accorto di essere vivo. Quindi questa morte, questo funerale, come ogni funerale, è un’occasione per chi è ancora nel corpo fisico, di ricordarsi che può ancora essere vivo. Quanti sono morti con tanti soldi nel conto in banca? Quanti sono morti con parole ancora da dire? Con desideri inespressi? Con viaggi mai fatti? Con il cuore vuoto e la mente piena di paura? Quante esistenze sprecate solo in cazzate. Ad accumulare, a proteggere, a temere, a fingere, a diventare quello che non si è. Lo so, ci passiamo tutti, io spero solo di essere arrivato ancora in vita a togliermi le cose inutili che qualcos’altro o qualcun altro mi ha buttato addosso.

Vorrei Averlo Fatto
I cinque rimpianti più grandi di chi è alla fine della vita

La morte è un’amica, una sorella, che mi ha ricordato che il mio tempo è limitato e ogni atto della mia esperienza terrena con questo corpo e questa mente unico e prezioso. Non c’era nessuno come me, non ci sarà nessuno come me. Quindi non resta che celebrarsi. Celebrare l’Esistenza che scorre in me e oltre me. L’Esistenza che sono e che non finisce con me. Essere Vita. Libertà, Forza, Amore. Scrollarsi di dosso quello che impedisce di riconoscerlo. I mille tentacoli del mondo e della mente, che cercano di venderci cagate. Non credeteci.

Ma queste sono solo le parole della mia orazione funebre. Voi fate un po’ come cavolo vi pare. Vi prego di passare questa celebrazione e questo momento come volete. Se mi volete fare un favore: siate autentici. Se vi viene da piangere va bene. Se vi viene voglia di ridere, di fare una festa, di cantare una canzone, suonare l’ukulele, fare le pernacchie, bere vino, raccontare barzellette, fare atti psicomagici, io vi do la mia benedizione. Fate pure casino.

Gloria, Rivoluzione, Amore, Pace.

Ora vi saluto, l’Uno mi chiama. Un vero abbraccio.”

GIORDANO

 

Tratto da “OUT OF THE BOX: UN ANNO FUORI DALLA ZONA DI COMFORT

 

LIBRI CHE CONSIGLIO PERSONALMENTE:

Vorrei Averlo Fatto
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Morendo ho Ritrovato Me Stessa
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