Ieri sera ho visto alla sala Truffaut di Modena “Figli della Libertà”, il documentario realizzato da Lucio Basadonne e Anna Polio, che hanno deciso di non mandare la figlia Gaia a scuola.
L’evento è sold out e la sala è inaspettatamente piena, e riesco a entrare solo perché ho già acquistato on line il biglietto. Una signora rimasta fuori è stupita: “ma di solito vengo al martedì e siamo in quattro gatti…”
Dal punto di vista sociologico la cosa potrebbe anche essere interessante: vuoi mettere che anche a Modena qualcuno si sta svegliando? Ma non azzardo congetture.
Il film, nonostante l’audio in sala non ottimale, mi è piaciuto, se no non sarei qui a parlarne. Girato con uno stile libero e leggero, (con una reflex e un microfono) il documentario segue Gaia che preferisce non andare in una scuola “normale”, i genitori dubbiosi, la nonna preoccupata che vuole insegnarle le tabelline, i compagni di classe della scuola libertaria in cui per qualcuno “non si impara niente”.
Il film diventa poi un viaggio che passa per Summerhill, storica scuola inglese non repressiva priva di qualunque tipo di autorità o di gerarchia, va a trovare pedagogisti ed educatori illustri, incontra oltralpe il compositore e autore Andrè Stern che non è mai andato a scuola, e finisce in Italia dove Gaia andrà comunque a sostenere l’esame della scuola pubblica.
Chiunque abbia idee certe, sicure e preconfezionate su che tipo di educazione offrire ai figli di oggi, uscirà dalla proiezione come si esce da un frullatore. Per questo lo consiglio: è un film audace che fa domande e non si accontenta di risposte facili del tipo: “dobbiamo uscire dal sistema” o “i bambini è meglio che vadano a scuola”.
Più che parlare di scuole libertarie, steineriane e homeschooling, il film si apre a interrogativi ben più grandi:
Cos’è il successo? Dove porta l’obbedienza? La scolarizzazione è la strada all’infelicità?
Arriva l’eco di uno dei più grandi pensatori del secolo scorso, Ivan Illich, che sosteneva che tutti i sistemi scolastici inculchino nell’individuo l’idea che l’istruzione ha valore solo se si acquista a scuola con un consumo di titoli e che è più importante apprendere cose dal mondo che trarre il proprio sapere dal mondo.
Il quadro che emerge dal film è però estremamente variopinto: ci sono tantissime esperienze, si aprono nuove strade, sono tanti i cambiamenti in atto che forse non ha più senso tracciare un confine netto tra dentro e fuori, tra chi è nel sistema e chi non lo è, tra scuola pubblica e scuola parentale. Tante reti da mettere insieme, tante piccole rivoluzioni fuori dai radar e dall’interesse mediatico che già stanno cambiando l’educazione. Si tratta, come dice una mamma nel film, di usare un sano buonsenso, e di non farsi troppe “menate”, di ascoltare cosa ci fa bene e cosa fa bene ai bambini e ai ragazzi.
Il dibattito è proseguito con Andrea Strozzi, ex manager bancario (che un giorno ha deciso di non presentarsi più al lavoro) e scollocato fuori dal sistema (parola quest’ultima che non piace neanche a lui: “il Sistema ormai è roba medioevale!”)
Si è parlato di tante cose: lavoro, descolarizzazione e zone di confort (argomento a me caro).
Sempre più persone, volenti o nolenti, stanno uscendo dalle zone di confort, o perché la vita li butta fuori di prepotenza o forse perché la zona di confort non è poi così confortevole.
Quanto e come uscire dalla zona di confort? Dipende dall’orizzonte.
Quanto e come indottrinare noi stessi e i nostri figli per farli aderire alla società? Dipende dal nostro orizzonte.
Quanto e come descolarizzarci e decondizionarci per non rimanere incastrati nelle prigioni dell’obbedienza e del controllo?
Dipende dal nostro orizzonte.
Se il nostro orizzonte è una vita libera e degna di essere vissuta, le cose succederanno, le risposte arriveranno.
Basta iniziare con qualche passo fuori la zona di confort.